il desiderio
L’artista del desiderio
Giorgio Rizzo, catanese, classe 1971 comincia a disegnare ancor prima di saper parlare. Essendo figlio di una madre pittrice e insegnante di Storia dell’arte i pennelli, le matite e i colori non fanno solo parte della quotidianità della sua casa ma diventano i suoi giochi preferiti, gli amici cui rivolgersi in ogni momento. Inevitabile la scelta di frequentare l’Istituto d’Arte di Catania dove Rizzo si specializza in grafica pubblicitaria e fotografia di moda.
A nemmeno vent’anni si trasferisce a Milano dove lavora per la Publimedia diventando il più giovane Art Director d’Italia. Lavorando qualche anno nella moda affina la capacità di rappresentazione del corpo, delle sue linee, dei panneggi degli abiti cosa che rende ogni sua foto un quadro. Lo studio ossessivo del corpo e dell’anatomia lo porta a sublimarne le linee che diventano danza sulla carta, linee sempre in equilibrio, linee da seguire con gli occhi e i colori provando lo stesso piacere che si prova accarezzando la pelle di un amante.
È probabilmente questa passione per l’equilibrio e il ritmo della composizione che lo fa avvicinare alla musica, alle percussioni in particolare, studio che lo appassiona a tal punto da diventare il suo mestiere. Collabora, fra gli altri, con Franco Califano, Gabriella Ferri, Nino D’Angelo, Moni Ovadia, suona al Billionaire di Flavio Briatore e partecipa a diverse compilation per Buddha Bar, Nirvana Lounge, Arabica, e Chakra Lounge. Poi, grazie alla musica, torna alla bellezza delle linee e del movimento collaborando con Pina Bausch, Momix, Emma Scialfa e lavorando con moltissimi danzatori.
Le mani suonano ma gli occhi registrano la bellezza di quei corpi che ballano, catalogano quell’equilibrio che dura solo l’istante in cui i danzatori raggiungono la posizione perfetta per poi cambiare di nuovo, muoversi e ricominciare da capo. Non è un caso che le sue opere tendano a fissare sulla carta o sulla tela proprio quel momento preciso, quel gesto, quella perfezione pronta a sparire un istante dopo nel continuo fluire delle cose del mondo.
Giorgio Rizzo suona per molti anni diventando un musicista di chiara fama, disegna meno, dipinge solo qualche volta, eppure, sarà proprio la musica a regalargli la capacità di diventare l’artista profondo e completo che conosciamo oggi. Questo enorme regalo è il viaggio.
I concerti lo portano infatti in tutto il mondo dalla Malesia al Cairo, dal Belgio al Brasile, dal Malindi alla Cina e, in ogni paese, la sua straordinaria curiosità, unitamente al suo acuto spirito d’osservazione, lo portano ad annotare nella mente e nel sentire i colori, le linee, le atmosfere, i disegni, tipici di ogni luogo, farli propri per poi dosarli nelle giuste misure nella sua arte.
Il periodo del Covid, come è noto, è molto difficile per chi di mestiere fa il musicista, ma Giorgio Rizzo usa il periodo di inattività forzata per continuare a studiare, scoprire nuove possibilità, indagando nuove vie, avvicinandosi alla scrittura e alla regia.
Scrive e dirige la regia di Storie degli altri di Carmelo Abbate poi, l’incontro con la scrittrice Giada Trebeschi lo spinge a cercare nuove vie in cui musica, immagine, arte e scrittura si uniscono per offrire simultanei punti di vista. A quattro mani scrivono e portano in tournée gli spettacoli Sulla pelle del diavolo, Lo spettacolo delle desuete, Come un pomo uccise Achille, cui si aggiungono il programma on line Il peso delle parole, la webserie e i Podcast Sapevatelo e i cortometraggi Mia e Ancora un caffè.
Il sodalizio artistico vede nascere anche i progetti di narrazione visiva come Amor DiVino e Storie di caffè portati in scena in Italia e all’estero cui segue Il libro dipinto, spettacolo allestito nei più importanti festival letterari e in diverse presentazioni sul territorio nazionale. In tutti gli spettacoli e le performance è sempre Rizzo a occuparsi della regia per la sua spiccata visione d’insieme e la capacità di creare un quadro per scena, in un continuo dipingere il ritmo e il movimento della performance.
Il suo essere percussionista lo ha portato negli anni a studiare diversi strumenti, dalla darbuka al cajon, strumenti che vengono suonati battendoli con le mani e non con bacchette o simili, strumenti da toccare dunque che hanno spinto Rizzo a sperimentare quale fosse il suono di molte cose, oggetti, suonando di tutto compreso il corpo delle persone. Questo suo toccare e sperimentare avviene parallelamente anche nella pittura e infatti disegna non solo su ogni superficie ma anche con colori che non sono tradizionali, come i mozziconi di sigaretta lasciati macerare nell’acqua, il caffè, il succo di rape rosse, i frutti di bosco, le bacche, la cenere dell’Etna e, soprattutto, il vino.
Con il vino Rizzo crea disegni che hanno il sapore d’antiche sanguigne, inventa acquerelli inaspettati in esecuzioni spesso riprese dal vivo e dunque senza alcun margine d’errore. Non ultimo, con il vino racconta il piacere, l’ebbrezza intesa come gioia di vivere e il desiderio che muove il mondo.
Proprio il desiderio è uno dei topos centrali della sua letteratura di colori e linee, il desiderio inteso come eros, come piacere e bellezza ma anche spinta per raggiungere un obiettivo o una determinata sensazione, desiderio come motore primigenio senza il quale nulla accadrebbe condannando l’Uomo all’immobilità.
L’erotismo e il desiderio sono parte centrale anche nelle più di quaranta illustrazioni per il thriller erotico di Nana Duplessis, Solo per i tuoi occhi.
Questo motore pulsante è presente, sebbene declinato in modo diverso, persino nella serie de I ritratti del silenzio che ritraggono i volti delle donne e degli uomini che sono stati torturati e uccisi in Iran proprio per il loro desiderio di libertà rispetto a un regime oscurantista e tristemente teocratico.
La spiccata ironia che caratterizza l’artista è poi un altro elemento che spesso si ritrova nella sua arte come, per esempio, nella serie di illustrazioni realizzate per il libro tedesco Plötzlich Advent o la serie di disegni fatti con il caffè Storie di caffè che sono un omaggio contemporaneo ai pittori surrealisti di inizio ‘900.
Come con la musica, anche con il disegno e la pittura, Rizzo ha indagato e continua a indagare molti ambiti e molti territori artistici in un continuo turbinio di ricerca e rivelazioni che aprono la mente (dell’artista e dell’osservatore) e che sono in grado di donare al segno una vitalità sempre nuova e difficile da etichettare. Siccome però a quanto pare abbiamo sempre bisogno di categorie e definizioni per inquadrare al meglio un genere, un’artista o un periodo, credo potremmo definire Giorgio Rizzo come L’artista del desiderio.
Angelo Leidi, Critico d’arte